
La città della sirena
Le abitanti del mare sono strettamente legate alla fondazione della mia città. Per “mia città” non intendo Napoli, bensì Partenope, la prima colonia fondata dai greci laddove sorge ora una delle fortezze di Napoli, Castel dell’Ovo. L’origine del suo nome è legata a varie leggende, quella più conosciuta riguarda proprio la figura mitologica: le sirene uccidevano con la loro voce suadente i naviganti che, attratti da loro, si gettavano in mare. Odisseo, o se preferite Ulisse, tappò le orecchie dei suoi compagni con la cera e si fece legare all’albero della nave, così che riuscirono ad ascoltare il loro canto evitando il suicidio. Incollerite per essere state raggirate, le donzelle sui generis si lasciarono morire: il corpo di Partenope arrivò su questa costa ed i greci quindi, chiamarono la città con il suo nome.
Nel nostro immaginario la sirena è metà donna e metà pesce; senza dubbio affascinante, è stata (e continua ad essere) fonte di ispirazione: dipinti, film, cartoni animati, gioielli, opere di street art…insomma, la si incontra spesso in giro (eh beh, guardate anche il mio logo).
Forse però non tutti sanno che prima ancora di avere le sembianze marine la sirena era un pò diversa: metà del suo corpo aveva due inquietanti zampe di uccello. Un pò bruttina insomma. La sua trasformazione nella figura che tutti noi conosciamo, risale al Medioevo.
Se volete vederla nella sua versione originale, sappiate che c’è una fontana, chiamata della Spinacorona, che la ritrae nella sua versione originale; costruita alla fine del XV secolo e restaurata poi durante il viceregno spagnolo, raffigura Partenope e il Vesuvio. In questo caso rappresenta una sorta di protezione per la città: il vulcano erutta? Niente panico! La sirena spegne tutto: l’acqua infatti viene fuori dal suo seno…non per niente è chiamata anche “fontana delle zizze”.
Se ci spostiamo in zona Mergellina, esattamente a Piazza Sannazzaro, ritroviamo nuovamente Partenope, questa volta nella versione marina: la “fontana della sirena”, risalente alla seconda metà dell’Ottocento, la ritrae seduta su uno scoglio nell’atto di salutare i passanti, quasi come a dire “Mentre aspetti che il semaforo diventi verde, non ti esaurire nel traffico, ammirami!”.
Ora però arriviamo alla nuova versione, quella ciaciona. Questa è una tipica parola napoletana, forse non tutti la conoscete ma è facilmente comprensibile: l’accrescitivo “ona” vi aiuta: Partenope è amante del cibo, mangia assai e forse non ama particolarmente il nuoto!
Ironia a parte, se andate in giro, specie nel centro antico ma non solo, vedrete tante sue raffigurazioni: pirata, tifosa del Napoli, con due belle cap ‘e mort (teschi) che le coprono il seno, tatuata…insomma, le versioni abbondano. L’autore di questo interessante ciclo è lo street artist “Trallallà”: la sua sirena ciaciona trova ispirazione proprio dall’osservazione di ragazze con questo tipo di fisicità, rappresenta una sorta di critica agli stereotipi che ci vengono propinati ancora, ahimè, troppo spesso.
Al di là del corpo, trovo molto interessante questa versione: ogni sirena raffigurata racconta Napoli con le sue numerose storie e tradizioni…ma poi, con tutto il cibo che c’è qui…per forza la sirena sarebbe ingrassata!



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